Titolo: I Soliti Idioti - Il Film (id.)
Regia: Enrico Lando
Sceneggiatura: Martino Ferro, Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio
Paese: Italia
Anno: 2011
Un'altra escursione nel mondo dell'estremo: qui siamo nell'estremamente grottesco, nell'estremamamente idiota. Al di là del fenomeno commerciale che ha permesso a un fenomeno tv, amplificato dal web, di raggiungere le sale (facendo incassi record: 5 milioni il primo weekend), cosa si può dire di questa comicità?
Il film in sé non è costruito male, la narrazione sotto forma di viaggio padre-figlio riesce a unire in maniera abbastanza coerente le varie gag (fatta eccezione per la scena Gianluca - Smutandissima con relativo terremoto, che pare proprio non avere senso. Soprattutto perché non va a sterminare atrocemente tutta quella schifosa umanità italica rappresentata), gli altri personaggi invece non se la cavano granché, sono assolutamente ripetitivi e poco efficaci, si salva la coppia borghese che ama matrimoni e "tennissino". In realtà, riguardando la terza serie tv, ci si accorge che il film non ha nulla da regalare ai veri appassionati: quasi tutte le gag sono già state proposte su piccolo schermo, e non basta inserirle in un contesto nuovo per far divertire. Inoltre diversi personaggi, penso soprattutto ai preti e ai bambini-vandali sono stati totalmente soppressi nella trasposizione per grande schermo. Tornando ai personaggi, più che al film in sè, occorre interrogarsi sulla loro forza dirompente, su ciò che va oltre la risata e la gag. Questi personaggi, in particolare Ruggero, Gianluca e la coppia omosessuale (Fabio e Fabio), eccedendo nella rappresentazione spietata e grottesca di alcuni italiani, costruendo macchiette e lavorando sugli stereotipi, riescono a rompere qualche tabù o sono fini a una risata da una-botta-e-via?
Ruggero mette in scena una generazione di sessantenni in un modo nuovo, non c'è l'alone onirico (da sogno sexy in hotel a cinque stelle) e buonista alla Christian De Sica, dove alla fine si fa festa e ci si riconcilia coi figli. Ruggero è un personaggio tanto macabro e vomitevole quanto - nelle sue caratteristiche - reale. Menefreghismo, ricerca perenne del piacere, prevalere sull'altro a ogni costo, maleducazione, nessun rispetto per le regole (eppure medaglie appuntate al petto e sulla macchina). Ma non gli basta essere tutto ciò, rimprovera e obbliga il figlio (un bravo ragazzo, assolutamente idealista e mantenuto, ma con una certa umanità di fondo) a imitarlo: puttane, alcool, droga, furti, risse, tutto sotto la macro-categoria di virilità italiana. E così Ruggero ruba un'ambulanza e si lamenta col figlio perché in un incidente non c'è scappato il morto ("Gianluca ma in che Paese viviamo?!"), mente al figlio e lo tradisce (fingendosi malato terminale) per portare a termine un gioco (una scommessa da un euro) fatta con un suo amico, ha amici tali e quali a lui (come l'avvocato che lo libera con la ruspa) ed è Gianluca ad apparire inadatto alla vita italiana e al sistema valoriale che soggiace ad essa. Gianluca è indubbiamente un tonto figlio di papà, privo di esperienze e con un cuore grande. Solo il viaggio con il padre può trasformarlo per davvero, facendolo divenire un degno erede della tradizione italiana. Non mancano le scene da cartolina con paesaggi e monumenti (Colosseo, Altare della patria) sullo sfondo, perché se l'Italia è apparenza fatta di luoghi-simbolo da cartolina, questo deve valere anche per i personaggi che la abitano. Questi mostri sono davvero così deformati e deformanti? Le cose che fanno sono davvero così distanti dalla cronaca quotidiana?
Parlando della coppia borghese c'è poco da dire, I soliti idioti sanno di essere tali, perciò riportare dialoghi banali e reali ("è IL matrimonio, non importa di chi, ci vanno tutti e quindi anche noi") senza aggiungervi pathos è la cosa migliore che possano fare. Sentire parole più cinematografiche, più ricercate, pronunciate da Mandelli-MariaLuce farebbe sicuramente incazzare. Rimane epica la scena dello scuolabus, quando MariaLuce è in crisi di panico razzista per via dei tanti figli di extracomunitari, ma non può gridare e fuggire, perché deve fingere di avere una mente aperta, multiculturale. Fingere, fingere, fingere, anche nella finzione, eccola l'Italia. Una farsa grottesca ed estrema.
La terza coppia che è necessario analizzare è quella degli omosessuali. Premettendo che, tra Chiesa e Stato, l'Italia non è certo un Paese aperto, libero e contro l'omofobia, diamo un'occhiata alla rappresentazioni di Fabio e del suo moroso omonimo incinta.
I due sono macchiette estreme, Fabio-Mandelli è il gggiovane, cellulare sempre in mano, autoscatto continuo, poco collegato alla realtà. Lo stesso vale per Fabio-Biggio che, in nome di una ricercata uguaglianza con gli etero, si convince di essere incinta e non perde l'occasione per attaccare i presenti sul tema dell'omossessualità (oltre a vedere il suo amato Fabio come un'icona sexy irresistibile). Questa comicità è sicuramente più "matura" del popolo (e pubblico) italiano. Qui si dà per scontata l'uguaglianza, e si vanno a colpire le macchiette di genere, ma anche le ossessioni e i "presunti problemi" di una coppia di deficienti che, per puro caso, è gay. Senza perdersi in discorsi che non porterebbo a nulla, atteniamoci a due scene del film: quella della chiesa e quella del tetto. Nella prima Fabio-Biggio è in Chiesa e si rivolge alla statua di San Sebastiano. All'improvviso il corpo martoriato, morente, sacro e nudo del santo si trasforma in Fabio-Mandelli. La chiesa e i suoi santi sono, in un baleno, detronizzati, e lì appare la deformazione grottesca del suo amato, che si muove come una diva, vento in faccia e sguardo ammiccante. Questo connubio gay - Chiesa, che potrebbe apparire "normale", è abbastanza dirompente nella cultura e nella rappresentazione italiana. Qui non si fanno giri di parole, ma si va dritti "al cuore". Ovvio che gli omosessuali non sono quella roba lì, non sono come quei due lì, ma quei due cosa ci danno in più rispetto ad altre rappresentazioni? Su questo bisognerebbe interrogarsi: meglio la rappresentazione di un omosessuale triste, vittima, incompreso, ecc (film da cui si esce in lacrime, se finiscono male, e in cui si esce con il sospiro gioioso se finiscono bene) o la rappresentazione demenziale e assurda fatta da questi soliti idioti (può realmente rompere qualche ancestrale tabù italiano? Può, dandole per scontate, sorpassare certe cose e trattare così scanzonatamente l'argomento? E, facendolo, potrebbe fare percepire - più o meno consciamente - l'omosessualità come componente assolutamente normale dell'umanità?)?
Concludo con la scena del bacio, in un tripudio di cazzate, canzoni e folla applaudente, Fabio-Mandelli dimostra per la prima volta il suo amore e limona duro (un bel bacio a stampo ben ripreso) con il suo amato. Questo bacio non fa ridere, questo bacio sembra qualcosa di nuovo, di diverso, di mai - o poco - visto. E allora, a quanto pare, sono quantomai necessari due idioti per farci vedere un bel bacio gay al cinema, senza remore, senza fronzoli, senza perbenismo.
E in un Paese di idio..., ehm, di tradizionalisti, che passa le serate davanti a Sanremo, non potevano mancare loro: I soliti idioti, con la loro scenetta e canzone ripresa dal film. Così come non poteva mancare il commento old style, ovvero ipocrita, di Morandi che difende con i denti la sua immagine pubblica tutta sorrisoni e virilità da ragazzo di provincia: "Non sono contro gli omosessuali, ma preferisco Bèlen". Bah, io preferisco I soliti idioti.
AF
Un saggio amico, che segue l'argomento con passione e coinvolgimento diretto da tempo, fa notare (oralmente, io riporto qui) che in realtà questo entusiasmo sia in parte da smorzare. Per un semplice motivo, per quanto dirompenti, divertenti (forse), I soliti idioti mettono in scena unicamente una visione degli omosessuali. Non si parla degli urletti e degli atteggiamenti, quanto del fatto che da questo tipo di rappresentazione emerge una sorta di equivalenza: GAY = DONNA. Ma considerare unicamente, o preferenzialmente, gli omosessuali come "donne nate senza vagina e mestruazioni" è qualcosa di estremamente falso, superficiale ed errato. Si riduce il problema a una questione (quasi) esclusivamente fisica. E questo non aiuta certo ad andare oltre l'omofobia e lo stereotipo.
RispondiEliminaSono assolutamente d'accordo, pur tenendo conto del fatto che sono gli unici ad andare oltre certi tabù, mi sembra condivisibilissima tale lettura che amplia e approfondisce la mia.
Grazie!